L’homo faber pensa con le mani

Pochi giorni fa Lorenzo ha pubblicato un post sul nuovo pennino di Apple, che dovrebbe finalmente darci la possibilità di scrivere e disegnare direttamente sul “foglio” virtuale elettronico, tablet o monitor che sia, usando la nostra stessa calligrafia e la nostra singolare abilità nel disegno manuale.
E nello stesso giorno Facebook mi ha consigliato di interessarmi ad un convegno che si sarebbe svolto il giorno seguente a Verona, dal titolo “Scriviamo a mano”, un laboratorio per bambini dai 5 agli 11 anni e insieme un incontro per “insegnanti, genitori e appassionati”.

Se c’è addirittura bisogno di fare un convegno sul recupero della “scrittura a mano” vuol dire che il mutamento è in corso, che qualcosa sta accadendo: le nuove generazioni, a quanto pare, già hanno difficoltà a riconoscere e praticare la scrittura corsiva e sembra che la nuova tendenza nelle scuole inferiori sia di insegnare lo stampato maiuscolo e quello minuscolo (italico staccato) ma non il corsivo legato, quello con cui fino a ieri tutti in Italia scrivevamo. E già sono molti gli adulti che preferiscono sempre l’uso della tastiera, così più veloce dell’antiquata scrittura a mano, anche quando si tratta – per esempio – di prendere appunti in una riunione di lavoro.

Quindi – in prospettiva – gli esseri umani sono destinati prima o poi a perdere del tutto la capacità di scrivere a mano? E questa perdita sarà (sarebbe) una perdita grave?

Proviamo a vedere che ne dicono quelli di “Scrivere a mano nell’era digitale” (www.smed2015.it) che affermano che “perdere la scrittura a mano comporta oggettivamente un rischio di impoverimento in termini di sviluppo della motricità fine, della memoria visuo-motoria, e dell’organizzazione cognitiva della scrittura, ma anche della capacità di esprimere noi stessi in un modo unico, immediato, estremamente personale”; o la copywriter Irene Ferri (http://copyimput.blogspot.it/2014/04/scrivere-mano-irene-ferri.html), che afferma categorica che “chi scrive a mano – e continua a farlo – è più creativo di chi si limita al computer”; o ancora Marco Belpoliti (http://www.doppiozero.com/materiali/sala-insegnanti/calligrafia) che afferma che “la scrittura a mano attiva zone della nostra personalità importanti e decisive.”

Questo dello scrivere a mano, comunque, è un argomento che a noi designer, grafici, architetti, visualizers e via dicendo è sempre interessato molto, tanto che prima o poi in ogni studio arriva il momento in cui ci si racconta a vicenda che le prime idee, i primi spunti e le bozze iniziali si schizzano su di un foglio con la penna, la matita o il pennarello, quasi ascoltando in silenzio l’idea che velocemente affiora come verità rivelata, come se fosse l’idea stessa a usare lo strumento delle nostre mani per prender forma su di un foglio bianco.

E nel raccontarcelo l’un l’altro ci si senti affratellati, rassicurati e rinfrancati, al punto che se per caso un collega dovesse invece rivelarci che crea sempre direttamente sul computer senza nemmeno far prima uno scarabocchio su di un quaderno, be’, forse ne avremmo diffidenza, se non addirittura paura. Ma per ora incontrare un designer che sia un vero nativo digitale è ancora poco probabile, manca ancora qualche anno al momento in cui il primo di loro si affaccerà nel mondo del lavoro.

Possiamo ancora per un po’ stare tranquilli e continuare a giocare con matite, temperamatite, pennarelli e blocchi per appunti, come facevamo quando eravamo bambini. Finché non arriverà a guardarci storto il primo designer che da bambino giocava solo con l’iPad e i pastelli a cera non li ha nemmeno mai sentiti nominare.

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