Classe ’53: Il Rapidograph è stato una girandola di promesse. La certezza di una penna a china affidabile, precisa: linee continue senza indecisioni, spessore del tratto impostato da un set di punte differenti e cartucce di ricambio. Bellissimo da vedere all’opera, tra mani esperte. Odore e colore densi e compatti.
Uno strumento per disegnare – e progettare – che concludeva e dava certezze a pensieri nebbiosi usciti finalmente dall’indecisione e il possibilismo dello schizzo a matita.
Eppure per tutti quelli che sono caduti sull’ultima quota a pochi minuti dalla consegna.
Per quelli che hanno scosso la penna per utilizzare l’ultima goccia di inchiostro e l’ultima goccia – che in realtà era una pioggia – è volata sul lucido.
Per quelli che hanno cercato di sbloccare le punte più sottili nei modi più disparati a suon di saliva.
Per quelli che hanno dimenticato, e direttamente buttato un corpo solido che più solido non si può: cappuccio pennino e fusto chiuso come una serratura.
Per i mancini che come me che scrivono alla cieca… e ogni linea è un terno al lotto fino alla fine – a prescindere dallo strumento – per tutti voi ho profondo rispetto, siete per me una famiglia silenziosa, migrata a braccia aperte verso i software vettoriali.
Vi ho promesso di non dimenticare.
Vi ho portati in salvo nella memoria.
Voglio tenere tutto stretto, fin dal principio, i dettagli, il caso, il fluire degli eventi. Prima che la distanza offuschi lo sguardo che si volge indietro…
Luther Blisset, Q